Questa foto scattata in Groenlandia nel 2019, con cani da slitta che trainano sull’acqua perché il ghiaccio che si è sciolto, fece il giro del mondo. L’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus non può far dimenticare la grande minaccia dei cambiamenti climatici dovuto al riscaldamento globale provocato dalla combustione di carbone, petrolio, metano e foreste.
La pandemia di COVID-19 ha fatto emergere due cose importanti.
La prima è che per diminuire significativamente la concentrazione di gas serra nell’atmosfera, come richiederebbero gli obiettivi internazionali fissati per contrastare il riscaldamento globale, servono interventi molto più radicali di quelli portati avanti finora sulla spinta delle conferenze come COP 21 di Parigi nel 2015.
Come si può vedere dal recente grafico sottostante l’anidride carbonica (CO2) continua a crescere con il solito andamento e siamo al nuovo record (in parti per milione).
Fonte: NOAA https://www.esrl.noaa.gov/gmd/ccgg/trends/
L’andamento è sinusoidale perché circa i tre quarti delle terre emerse sono nell’emisfero boreale. Quando è primavera/estate sopra l’equatore gli alberi latifoglie si riempiono di foglie e assorbono anidride carbonica (e rilasciano ossigeno) e la curva ricomincia dopo un certo tempo a scendere. Quando invece a nord è autunno/inverno le piante dell’emisfero australe non riescono ad assorbire le emissioni antropiche e la curva risale a livelli sempre più alti di anno in anno.
La seconda osservazione, che deriva dall’emergenza Covid, è che gli sforzi individuali per ridurre l’impatto delle attività umane sull’atmosfera, per quanto lodevoli, non influenzano in modo apprezzabile la contaminazione della composizione chimica dell’atmosfera terrestre. I gas serra sono come una coperta, per cui la Terra non rilascia più come prima dell’energia che proviene dal Sole. Il totale squilibrio energetico, al momento, è di qualche decimo di watt per metro quadro. È l’energia per una lampadina a LED. Può non sembrare molto, ma calcolato sulla superficie di tutto il mondo diventa una cifra enorme. È l’equivalente all’esplosione di 400.000 bombe di Hiroshima al giorno, 365 giorni all’anno. Questo è il surplus di energia che sta accumulando la Terra ogni giorno. Tale energia riscalda gli oceani e fonde i ghiacci, con sconvolgimenti incommensurabili sugli habitat.
Se vogliamo stabilizzare il clima gli scienziati, come James Hansen, sostengono che occorre ridurre la CO2 da 417 ppm a 350 ppm. Questo è il cambiamento necessario a ristabilire l’equilibrio e prevenire un ulteriore riscaldamento.
Gli obiettivi di COP 21 di Parigi sembrano ogni anno che passa più lontani da raggiungere e ciò comporta un prezzo altissimo da pagare a livello economico, sociale, sanitario e ambientale.
L’esperienza del coronavirus ha però insegnato che il mondo si può fermare davanti ad un’emergenza globale. Saremmo capaci di fare altrettanto per salvare l’Umanità dai cambiamenti climatici?
L’attuale sistema economico è basato sul BAU, business as usual (gli affari sono affari, come sempre), ma non è sostenibile da tutti i punti di vista.
L’unica soluzione per il medio periodo è la decarbonizzazione, ovvero pianificare un programma universale per azzerare le emissioni in atmosfera entro il 2050. Un green new deal mondiale, un accordo internazionale per il passaggio ad un’economia circolare rispettosa dell’ambiente.
Per far questo occorre riconvertire aziende, imprese, processi industriali, modalità di trasporto, riscaldamento/raffreddamento, ecc…, e sfruttare l’idrogeno come vettore energetico, prodotto da fonti rinnovabili e trasportato poi ovunque attraverso la rete di gasdotti esistente. La SNAM italiana sta facendo i primi passi per lo sfruttamento dell’idrogeno.
«Snam, prima utility del gas naturale in Europa, è fortemente impegnata nella transizione energetica, con investimenti per 850 milioni di euro previsti nel progetto Snamtec (tec – tomorrow’s energy company) destinati all’aumento dell’efficienza e all’abbattimento delle emissioni, all’innovazione e a nuove attività “green” come la mobilità sostenibile e i gas rinnovabili. Rientrano in quest’ultimo filone le iniziative di ricerca e sviluppo avviate nell’idrogeno, che può rappresentare la chiave di volta nella lotta al cambiamento climatico.»1
È comunque necessario l’impegno di tutti per accelerare il processo di decarbonizzazione e per conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU.