«La povertà indica una scarsità, riferita a qualcosa di materiale o spirituale, relativa ad uno standard ipotetico maggioritario all’opposto del quale vi è il concetto altrettanto relativo di ricchezza o abbondanza.
Anche se il termine “povertà” può riferirsi a diversi aspetti ed essere usato con diverse accezioni, comunemente il riferimento è all’aspetto economico-finanziario che può definirsi come la condizione di singole persone o collettività umane nel loro complesso, che si trovano ad avere, per ragioni di ordine economico, un limitato o del tutto mancante, nel caso della condizione di miseria, accesso a beni essenziali e primari, ovvero a beni e servizi sociali d’importanza vitale.
La condizione di povertà come viene intesa oggi, secondo alcuni autori ha cominciato a delinearsi con l’avvento della civiltà urbana, in quanto le società primitive ad economia di sussistenza sono in grado di soddisfare i propri limitati bisogni primari senza differenziazioni socio-economiche con un impiego di energia per la sopravvivenza adeguato alle loro necessità[4]. Il giudicare povere le società tribali deriverebbe dalla tendenza dell’attuale società capitalistica a valutare secondo i propri valori e criteri tutte le altre società anche se portatrici di valori diversi. La povertà quindi, come tale, è in connessione con il concetto di ricchezza per cui sociologi hanno sostenuto la tesi che è la stessa ricchezza nell’ambito dell’economia industriale a produrre la povertà.» [Fonte: Wikipedia]
Sconfiggere la povertà nel mondo è il primo dei 17 obiettivi (goal) indicati dall’Agenda 2030, perché è l’obiettivo prioritario da raggiungere per promuovere una prosperità mondiale, uno sviluppo che sia sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico per tutta la Terra.
Dal 1990 ad oggi la percentuale delle persone che vivono in una situazione di povertà estrema (con meno di 1,90 dollari al giorno) è progressivamente calata. Tra il 2000 e il 2016, a livello mondiale la percentuale si è ridotta quasi di tre volte, passando dal 26,9% al 9,2%.
Prima della pandemia la percentuale era stimata a circa l’11% della popolazione mondiale (circa 780 milioni di persone, di cui il 70% donne).
Il grafico della Banca Mondiale illustra l’andamento e le proiezioni del fenomeno fino al 2030 nelle diverse aree continentali.
A causa del coronavirus ci si aspetta un arretramento, un peggioramento rispetto alle previsioni.
L’articolo che segue approfondisce le questioni connesse a questo obiettivo. E’ stato pubblicato su www.onuitalia.it
«Il Vertice dei Capi di Stato e di Governo si è riunito a settembre 2015 all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per concordare una serie di obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs). Il primo target del primo Obiettivo di Sviluppo Sostenibile proposto dall’Open Working Group (OWG) degli Stati membri è “eliminare la povertà estrema, ovunque” entro il 2030. Il secondo, è riuscire almeno a dimezzare la popolazione di persone povere in base alle soglie definite a livello nazionale. I primi due target meritano di occupare il primo posto della lista perché rappresentano un obiettivo nobile e storico per il progresso globale. Al tempo stesso, mostrano le problematiche riguardanti un considerevole numero dei 169 obiettivi di sviluppo proposti dall’OWG, come ad esempio la questione della loro misurabilità.
Due domande collegate tra loro. Il modo in cui determineremo le nuove misure avrà un forte impatto sul potere motivazionale degli obiettivi, come pure sulla probabilità che questi obiettivi siano raggiunti.
Le linee di povertà a livello nazionale e locale sono spesso ridiscusse e alzate, con valide ragioni. Tuttavia, quest’approccio rischia di compromettere il progresso costante per una riduzione della povertà, semplicemente perché anche la linea di povertà è in continuo movimento. Come suggerisce l’OWG, la povertà estrema è “attualmente basata su persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno”, anche se difficilmente sarà così per molto. La linea di povertà “ufficiale” e il numero di persone che vivono al di sotto di questa soglia sono calcolati da una congrega (con buone intenzioni) nei meandri della sede della Banca Mondiale. Questo gruppo sta lavorando ad una revisione che potrebbe avere un forte impatto sul prezzo di consumo del dollaro, dichiarato come “estrema soglia di povertà”, come pure sul numero di persone che vivono al di sotto di quella soglia.
In passato, la linea di povertà estrema stabilita dalla Banca Mondiale era stabilita per rispecchiare le linee nazionali dei Paesi più poveri. La linea di povertà del 1990, stabilita a “un dollaro al giorno” era “tipica dei Paesi a basso reddito”[2] del tempo. Nel 2008 è stata aggiornata per rispecchiare la linea di povertà più recente dei 15 Paesi più poveri del mondo, convertita a un tasso di cambio disegnato per riflettere i diversi prezzi degli stessi beni e servizi nei vari Paesi.
La Banca Mondiale è sul punto di proporre una nuova soglia globale e altri dati riguardanti la povertà basati su linee più recenti, come pure su dati ricavati da un’indagine sui prezzi condotta nel 2011. Nel frattempo, mentre si prepara a diffondere i numeri – in passato ci sono voluti 2 anni – la linea globale di povertà potrebbe collocarsi sui 1,75 dollari al giorno o più. I nuovi dati suggeriscono, tuttavia, che i prezzi dei beni nei Paesi poveri sono più bassi di quanto pensiamo. Questo a sua volta potrebbe farci pensare ad un forte calo del numero di persone che vivono in povertà, fino a quasi un terzo (da 1,2 miliardi nel 2010, cifra basata sui dati dei vecchi prezzi e linea di povertà, a meno di 900 milioni, cifra calcolata in base ai nuovi dati forniti dalla Brookings Institution).
Una cosa è chiara: se vogliamo “eliminare la povertà estrema, ovunque” entro il 2030, dovremo usare una strategia totalmente nuova, diversamente da come la Banca Mondiale ha fatto in passato.
Fate finta di essere nel 2030 e di dare un’occhiata alle linee di povertà dei 15 Paesi più poveri del mondo. Com’è possibile che siano impostate a un livello di consumo così basso rispetto ai cittadini poveri? Non dovrebbero essere impostate in questo modo. L’idea che i Paesi, che nello scenario più ottimista continueranno ad avere un introito medio che è una minima parte rispetto ai cittadini poveri di Europa o Stati Uniti oggi, dichiarino di aver sradicato la povertà, è semplicemente ridicola.
Al di sotto di ogni trend nazionale, basato sulle soglie di povertà nazionali recenti di un certo numero di Paesi, nel mondo vi saranno sempre persone povere – inclusi coloro che già vivono in povertà a detta delle tendenze nazionali nei Paesi che istituivano la linea di “estrema povertà” globale. Questo ci fa pensare che non sarà possibile eliminare la povertà utilizzando la strategia attualmente messa in atto dalla Banca Mondiale.
Se vogliamo porci questo obiettivo nell’Agenda del Post-2015, deve essere un successo certo, impostato non solo guardando le soglie nazionali, ed il modo in cui viene determinata la linea di povertà dovrebbe essere aperto, trasparente e inclusivo. I dati utilizzati per misurare i livelli di entrate e consumi nel mondo sono stati celati per anni dalla Banca Mondiale. Banca che decide come e quando incorporare i dati raccolti dalle indagini e si occupa anche di scegliere il metodo per calcolare la linea di povertà. Dal momento in cui i cittadini poveri e i Governi dei Paesi in via di sviluppo prendono parte al processo di selezione degli obbiettivi e del cambio dati sostenuto, non spetterebbe a loro stabilire “cos’è la povertà?”. Il tempo inoltre sta per scadere: pianificheremo gli obiettivi a settembre, dopotutto.
Possiamo trovare un target per sradicare la povertà al di sotto di una certa soglia? Dipende dal livello al quale è impostato, naturalmente. Diversi analisti, in ogni caso, hanno provato a calcolare come sarebbe se eliminassimo la soglia dei 1,25 dollari al giorno, utilizzando vecchi prezzi e dati sulla povertà. Se nei prossimi 15 anni i Paesi poveri vedessero una grande crescita e una rapida diminuzione delle disuguaglianze, forse solo un 2 per cento della popolazione del mondo in via di sviluppo continuerebbe a vivere con meno di 1,25 dollari al giorno fino al 2030. Ovviamente, è fin troppo ottimistico prevedere che ogni Paese povero veda una crescita rapida e un calo delle diseguaglianze nei prossimi 15 anni – alcuni cadranno vittime di una mal governance, prezzi di comodo bassi, o disordini civili che faranno deragliare il progresso. Pertanto, i numeri reali saranno considerevolmente più alti.
Il divario potrebbe essere colmato con i transfer – semplicemente dando soldi a quelle famiglie che hanno entrate inferiori alla soglia di 1,25 dollari. La nozione di “povero”, in ogni caso, cambia rapidamente nel corso del tempo, a seconda delle stagioni, del clima, dell’accesso o meno alla sanità, dell’aumento delle violenze o semplicemente sfortuna. Piuttosto delle indagini attualmente svolte ogni qualche anno, per mantenere la soglia di 1,25 dollari servirebbero molte più indagini condotte annualmente che prendessero in considerazione tutta la popolazione a rischio.
Più fattibile di un programma target sarebbe un programma che preveda supporto a un amplio gruppo a rischio povertà. Questo, comunque, implicherebbe un aumento dei prezzi, come è ovvio che sia. Ci troveremo poi a dover trovare un modo per trasferire il denaro: il mobile banking si è diffuso rapidamente, ma la maggior parte di coloro che vivono in povertà non hanno tutt’ora accesso ai servizi bancari. Non dico questo per dire che sradicare la povertà entro il 2030 sia impossibile, ma che richiederà invece un grande impegno. In effetti, ad oggi, non abbiamo ancora accordato una nozione di “povertà estrema” da poter auspicabilmente sradicare. Nel frattempo, vi è un simile, se non meno grave cambio con il secondo obbiettivo, di ridurre almeno della metà il numero di persone che vivono in povertà. Il modo in cui vengono calcolate queste nozioni, varia notevolmente nei vari Paesi. Negli Stati Uniti, ad esempio, la cifra è pensata per riflettere la stessa entrata nel corso del tempo (tenuta conto l’inflazione).
In molti altri Paesi, invece, la linea di povertà è esplicitamente o effettivamente una linea relativa. Poiché le entrate medie sono in crescita, lo sono anche per le persone definite povere. In quei Paesi, dimezzare il numero di persone costrette in povertà può essere fatto attraverso una forte riduzione della disuguaglianza.
Non è un grosso problema, poiché la disuguaglianza è in continua crescita nel mondo e dovremo ribaltare la situazione. Per dimostrare che ridurre la disuguaglianza e dimezzare così il numero di persone che vivono in povertà è cosa fattibile nella maggior parte (o in molti) dei Paesi, c’è ancora lavoro da fare.
Per ultimo, vorremmo che gli SDG incoraggiassero ad “abbassare la soglia” di povertà, laddove i Paesi raggiungano l’obiettivo facendo regolarmente della loro linea di povertà una piccola percentuale delle entrate medie. Questo include il possibile vantaggio di impostare un esplicito target a livello del Paese – riducendo il divario tra il più basso 40 per cento e il più alto 10 per cento in ogni Paese a 25 per cento, o colmare il divario tra le entrate mediane e le entrate medie a un terzo, come dovrebbe essere. Di conseguenza, per i primi due target del primo obiettivo, c’è un notevole lavoro da svolgere prima del settembre 2015. Prima di fissare l’obiettivo, dobbiamo essere certi che sia fattibile.»
Fonte: ONUITALIA, Obiettivo 1: Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo, di Charles Kenny[1]
Target
1.1 Entro il 2030, eliminare la povertà estrema per tutte le persone in tutto il mondo, attualmente misurata come persone che vivono con meno di $1,25 al giorno
1.2 Entro il 2030, ridurre almeno della metà la percentuale di uomini, donne e bambini di ogni età che vivono in povertà in tutte le sue dimensioni in base alle definizioni nazionali
1.3 Applicare a livello nazionale sistemi adeguati e misure di protezione sociale per tutti, includendo i livelli minimi, ed entro il 2030 raggiungere sostanziale copertura dei poveri e dei vulnerabili
1.4 Entro il 2030, assicurare che tutti gli uomini e le donne, in particolare i poveri e i vulnerabili, abbiano uguali diritti riguardo alle risorse economiche, così come l’accesso ai servizi di base, la proprietà e il controllo sulla terra e altre forme di proprietà, eredità, risorse naturali, adeguate nuove tecnologie e servizi finanziari, tra cui la microfinanza.
1.5 Entro il 2030, costruire la resilienza dei poveri e di quelli in situazioni vulnerabili e ridurre la loro esposizione e vulnerabilità ad eventi estremi legati al clima e ad altri shock e disastri economici, sociali e ambientali
1.a Garantire una significativa mobilitazione di risorse da una varietà di fonti, anche attraverso la cooperazione allo sviluppo rafforzata, al fine di fornire mezzi adeguati e prevedibili per i paesi in via di sviluppo, in particolare per i paesi meno sviluppati, ad attuare programmi e politiche per porre fine alla povertà in tutte le sue dimensioni
1.b Creare solidi quadri di riferimento politici a livello nazionale, regionale e internazionale, basati su strategie di sviluppo a favore dei poveri e attenti alla parità di genere, per sostenere investimenti accelerati nelle azioni di lotta alla povertà.
Note
[1] Charles Kenny è Senior Fellow al Centro per lo Sviluppo Globale di Washington D.C.
[2] Shaohua Chen and Martin Ravallion, “The developing world is poorer than we thought, but no less successful in the fight against poverty” Policy Research Working Paper, No. 4703 (Washington, D.C., World Bank, 2008). Disponibile sul seguente link
Immagine di copertina: Ritratto sulla povertà di Thomas Benjamin Kennington (1885).