Nell’ambito della programmazione Mati Experience e Mati4Life, il 30 ottobre 2020 si è svolto l’evento Orizzonte Green. Per la situazione della pandemia il convegno è stato tutto on-line.
È stato fatto il punto sui cambiamenti climatici. Secondo il rapporto dell’IPCC, l’Agenzia dell’ONU che studia il problema, occorre ridurre le emissioni del 7% ogni anno dal 2020, in modo da poter ridurre le emissioni globali del 50% entro il 2030. Possiamo farlo, ma se aspettiamo ancora, diventa sempre più difficile il raggiungimento dell’obiettivo. Occorre inderogabilmente sostituire i combustibili fossili con le fonti rinnovabili.
Un aiuto per raggiungere gli obiettivi concordati a Parigi nel 2015 ci viene dalle piante, che assorbono anidride carbonica. Occorre ricostituire foreste nelle zone equatoriali, vincere zone semi aride, piantare alberi nelle zone urbane.
Gli scienziati avvertono che siamo in forte pericolo, si possono creare condizioni di inabilità per il genere umano.
A questo riguardo sono significative le parole di Gustave Speth, giurista e avvocato ambientale americano, cofondatore del World Resource Institute:
« Noi scienziati non sappiamo come fare. Una volta pensavo che i principali problemi ambientali fossero la perdita di biodiversità, il collasso degli ecosistemi e il cambiamento climatico. Pensavo che trent’anni di buona scienza potessero affrontare questi problemi. Mi sbagliavo. I principali problemi ambientali sono l’egoismo, l’avidità e l’apatia, e per affrontarli abbiamo bisogno di una trasformazione culturale e spirituale. E noi scienziati non sappiamo come farlo.»
Siamo nella seconda ondata di pandemia, si sono ridotti i consumi e quindi le emissioni, ma se andiamo a vedere la quantità di anidride carbonica l’andamento è lo stesso, non si registra nessuna flessione. Come mai?
Fonte: NOAA.
La CO2 atmosferica può dissolversi nell’acqua e può essere trasformata, attraverso la fotosintesi delle piante, in legno e altre sostanze organiche. Tuttavia, questi trasferimenti non sono permanenti perché il carbonio può, e di fatto ritorna, di nuovo, come CO2.
Negli oceani si sviluppa un equilibrio in cui la CO2 esce dagli oceani tanta quanto entra negli oceani. Nelle piante e nei terreni si sviluppa uno stato stazionario in cui il tasso di fotosintesi è uguale al tasso di ossidazione del carbonio che ritorna come CO2 attraverso la respirazione da parte degli organismi viventi e degli incendi.
Noi stessi siamo parte di questo processo, mentre espiriamo emettiamo CO2. È stata prodotta nelle nostre cellule e nel nostro intestino dai microbi che digeriscono il cibo, che ci dà l’energia necessaria per vivere. Bruciamo anche le foreste. L’atmosfera, gli oceani e la biosfera terrestre agiscono come un unico serbatoio interconnesso dal quale il carbonio non scompare in alcun senso pratico. Gli agenti atmosferici e la formazione delle rocce possono farlo, ma questi sono piccoli rivoli in confronto. Pertanto, la CO2 derivante dalla combustione di combustibili fossili, non può che aumentare la quantità totale di carbonio in questo serbatoio.
Per poter rilevare il calo delle emissioni causato dalla pandemia, deve essere abbastanza grande da distinguersi dalla variabilità naturale della CO2 causata da come le piante e i terreni rispondono alle variazioni stagionali e annuali di temperatura, umidità, del suolo, ecc… La CO2 aumenta ovunque nell’atmosfera, si sovrappone tramite cicli stagionali.
Dopo aver eliminato la tendenza all’aumento della CO2 a lungo termine si rimane con un ciclo stagionale causato principalmente dalla fotosintesi stagionale e dalla respirazione degli ecosistemi sul terreno.
L’Agenzia Internazionale per l’Energia prevede che per il 2020 le emissioni globali di CO2 diminuiranno dell’8%. Chiaramente non possiamo vedere un effetto globale come questo in meno di un anno. Inoltre, gli incendi stanno producendo CO2 a un tasso forse simile a quello della modesta riduzione delle emissioni dovuta alla pandemia.
Sembra pertanto che la CO2 continui ad aumentare allo stesso ritmo degli anni precedenti, il che dimostra che dobbiamo fare investimenti aggressivi nelle fonti di energia rinnovabili per affrontare la nostra emergenza globale del riscaldamento.
Gli effetti della contaminazione dell’atmosfera, del cambiamento della composizione chimica dell’atmosfera, sono ormai noti. A causa della crescita dei gas serra la Terra rilascia meno energia nello spazio: quest’ultima riscalda oceani, fonde ghiacci e permafrost, rende più violenti e frequenti fenomeni estremi, ecc…
D’altro canto i cambiamenti climatici ci risvegliano la coscienza dell’appartenenza ad una comunità mondiale, al villaggio globale. Le sfide globali necessitano di risposte universali.
L’immagine della Terra vista dallo spazio è molto potente, magica, trasmette agli astronauti sensazioni molto profonde di pienezza, di unità. È un’esperienza immediata di coscienza globale.
L’astronauta Mitchell dichiarò che improvvisamente le differenze fra le nazioni scompaiono, si diventa cittadini planetari. Tornando a Terra gli astronauti sono rimasti profondamente cambiati, consapevoli della globalità. L’impatto emotivo non è limitato ai soli astronauti, è sentito e vissuto da un gran numero di persone.
L’immagine della Terra vista dallo spazio è uno dei più potenti simboli spirituali del nostro tempo, racchiude l’essenza della totalità e dell’unità. Sembra un unico organismo vivente.
Come ha scritto Bahà’u’llàh (1817-1892), «La Terra è un solo Paese e l’Umanità i suoi cittadini» e «Tanto potente è la luce dell’unità che può illuminare il mondo intero.»
Per superare le emergenze occorre un impegno personale e collettivo e ciò rappresenta una straordinaria opportunità di crescita evolutiva. L’Agenda 2030 dell’ONU con i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile indica la strada da percorrere.
Cosa ha deciso l’Unione Europea? È stata presentata dalla Commissione la strategia dell’idrogeno nell’ambito dell’European Green Deal. Esso mira all’idrogeno come vettore energetico portante in sostituzione dei combustibili fossili in tutti i settori (trasporto, produzione energia centralizzata e distribuita, stoccaggio, decarbonizzazione dell’industria, bilanciamento delle reti, ecc…) per raggiungere l’obiettivo di decarbonizzazione, ovvero impatto zero sul clima, nel 2050.
In questa situazione drammatica per la pandemia l’idrogeno diventa un motore di crescita. Nella visione della UE, sviluppando e implementando una catena del valore dell’idrogeno verde (prodotto dalle rinnovabili), l’Europa ha la possibilità di divenire pioniere mondiale, mantenendo la leadership nelle tecnologie pulite. Si prevede l’utilizzo dell’idrogeno per alimentare settori non adatti all’elettrificazione dei consumi, come ad esempio l’industria pesante, accumulo stagionale per bilanciare i flussi delle rinnovabili.
In questo contesto la strategia sull’idrogeno UE si muoverà per fasi, programmando investimenti, nuove norme, creazione del mercato e sostegno a ricerca e sviluppo.
Dal 2020 al 2024, la Commissione europea sosterrà l’installazione di almeno 6 GW di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno rinnovabile nei Paesi dell’UE, per riuscire a raggiungere l’obiettivo al 2025 di produzione di 1 milione di tonnellate di questo gas.
Dal 2025 al 2030, il vettore dovrà diventare parte integrante del sistema energetico comunitario con almeno 40 GW di elettrolizzatori e la produzione di 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde.
Nel ventennio fino al 2050, invece, ci si aspetta, con questo Piano, che le tecnologie dedicate raggiungano la maturità e siano implementate su larga scala in tutti i settori difficili da decarbonizzare.
Il mondo si muove, nonostante tutto, verso un orizzonte green.
I pannelli della mostra sono on-line alla pagina .
Per chi fosse interessato a ricevere informazioni, vedere la registrazione streaming dell’evento, o altro, può telefonare all’Accademia del Giardino, dr.ssa Lisa Tabucchi al numero 0573 380051 dalle 8 alle 13 e il Dr. Federico Di Cara al 327 1921201 oppure scrivere a info@accademiadelgiardino.it