Esiste un insegnamento etico, universale ed eterno, che è stato dato in ogni epoca e in ogni continente:
La Regola Aurea
Induismo: Ecco la somma della vera onestà: tratta gli altri come vorresti essere trattato tu stesso. Non fare al tuo vicino ciò che non vorresti che egli poi rifacesse a te. (1)
Taoismo: L’uomo buono deve compatire le cattive tendenze degli altri; rallegrarsi della loro eccellenza; aiutarli se sono in distretta; considerare i loro successi come i suoi propri e così i loro insuccessi. (2)
Confucianesimo: Sicuramente questo è il massimo della bontà: non fare agli altri ciò che non vorresti che essi facessero a te. (3)
Buddismo: Non ferire gli altri in modi dai quali anche tu ti sentiresti ferito. (4)
Religione Zoroastriana: Buona è soltanto quella natura che non fa agli altri ciò che non è buono per lei. (5)
Ebraismo: Quello che ti è odioso, non farlo al tuo prossimo. Questa è tutta la Legge, il resto è solo commento. (6)
Cristianesimo: Ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. (7)
Islám: Non è credente un uomo finché non desidera per suo fratello quello che desidera per se stesso. (8)
Fede Bahá’í: Benedetto chi preferisce a sé il fratello. (9)
La Regola Aurea rappresenta la base fondamentale della relazione con l’altro nella vita pratica fin dalla notte dei tempi. Essa non è solamente un principio di comportamento etico e universale, ma è anche la precisa indicazione per l’agire quotidiano. Essenza della educazione è guidare alla giusta relazione con il prossimo in una prospettiva di apporto reciproco. La relazione fra individui prevede contatti e continue mediazioni in famiglia, con la scuola, con il gruppo, con i colleghi di lavoro. La relazione si esplica prevalentemente in “competizione”, anziché in “collaborazione”. Questa distorsione è all’origine della visione conflittuale della vita a tutti i livelli e determina il pregiudizio che la “guerra” sia inevitabile. La rimozione di questo pregiudizio e un radicale cambiamento operativo rappresentano la premessa per uno sviluppo in armonia con se stessi, con gli altri, con le istituzioni, con l’ambiente.
L’inquinamento della relazione è costituito non solo dal “confronto” con gli altri, ma anche dai pregiudizi di razza, di etnia, di cultura, di sesso, di religione, di stato sociale. Voler guardare l’altro non come è realmente, ma come lo si vuole vedere, secondo categorie predefinite e di parte, costituisce un serio ostacolo all’integrazione, alla collaborazione e allo sviluppo di buoni rapporti. In questo modo si costituiscono relazioni di “convenienza”, di opportunismo, rifiutando sincere amicizie o peggio, escludendo i “diversi”, per mentalità, abitudini, credo religioso. Troppo spesso dimentichiamo che la qualità dei rapporti è alla base della civiltà.
Una visione planetaria della Regola Aurea prevede che si prendano in considerazione anche i rapporti fra enti, istituzioni civili e religiose, etnie, popoli, nazioni. Nel contesto internazionale e nazionale ciò non significa “porgere l’altra guancia” sempre e comunque, bensì applicare principi di etica universale negli affari umani, che peraltro non sono ancora stati definiti a livello giuridico. Di fronte a una minaccia o a un’aggressione nei confronti di singoli individui, di etnie, di popoli o di nazioni, oppure verso l’ambiente e le sue risorse, la risposta, anziché personale o nazionalistica, dovrebbe essere delegata a enti giuridicamente preposti alla salvaguardia della sicurezza collettiva e mondiale. La società assiste a un processo storico che sta determinando la caduta della sovranità nazionale e il progressivo affermarsi di una comunità globale planetaria. Agire secondo giustizia in ogni circostanza è un compito estremamente arduo. Troppo spesso i rapporti si fondano su compromessi e interessi economici. Il sistema delle relazioni umane si sviluppa secondo regole di vita che presuppongono il rispetto di leggi, direttive e convenzioni. La trasgressione comporta una pena, un debito da pagare nei confronti della comunità, nazionale o internazionale. Il “perdono” è personale e riguarda l’individuo coinvolto nella violazione di un diritto; la pena o la sanzione costituiscono il deterrente per garantire la sicurezza collettiva. Un eccessivo garantismo può mettere in crisi la sicurezza sociale.
La giustizia è fondata su due principi basilari: ricompensa e castigo, da applicarsi secondo criteri di saggezza ed equità. Le contese fra le nazioni dovrebbero essere risolte da un tribunale internazionale, una volta stabilite le “regole” della convivenza civile, analogamente alle relazioni fra individui. Come non si fa più “giustizia” da soli per affronti o reati contro persone, beni, servizi o contro la collettività, così pure non dovremmo più fare “guerra”, ma appellarci a un organismo super partes per tutte le controversie. Sul piano giuridico a livello nazionale esiste un codice a cui rifarsi, ma sul piano internazionale stiamo facendo solo adesso i primi passi, sulla scia delle tragiche esperienze di questo inizio del Terzo Millennio. Attualmente si evidenzia sul Pianeta una fase di anarchia delle nazioni, favorita da un vuoto istituzionale, legislativo e giuridico, che però fa sentire sempre di più l’esigenza di un Nuovo Ordine Mondiale. Il problema centrale che sfida ogni persona, appartenente a qualsiasi nazione, religione o etnia, è oggi la costruzione delle fondamenta di una società planetaria che rispecchi l’unità della razza umana. È importante riconoscere che esiste una umanità unica e non più divisibile. In una educazione ai rapporti tale riconoscimento rappresenta la premessa per la realizzazione di un nuovo ordine mondiale fondato sulla giustizia e sulla unità nella diversità. (10) L’intero sistema delle relazioni umane cambierà, le energie impiegate per distruggere l’avversario (politico, economico, militare, religioso) possono essere indirizzate verso lo sviluppo di una civiltà mondiale armonizzata.
Ritornando alla protagonista del nostro viaggio, l’anima, qual è la relazione che impostiamo con lei? Secondo l’aggiornamento dell’Enciclopedia Britannica la stragrande maggioranza della popolazione mondiale è credente. In tale volume ogni anno vengono riportati le percentuali e il numero dei credenti di tutte le religioni, degli agnostici e degli atei. I credenti in Dio credono anche nell’anima, un elemento che accomuna tutti gli esseri umani. Esistono vari gradi di coscienza e di consapevolezza della propria realtà interiore, nonché testimonianze dei Maestri di Vita. Il mondo dei sentimenti, che dà calore e colore alle relazioni, appartiene al regno dell’anima. Sentimenti come l’amore, il timore, l’ansia, l’amicizia, la compassione non sono incarnati o localizzati in un organo fisico. Nessun organo biologico espleta la loro funzione perché sono qualità dell’anima, eterea e impalpabile, che però si manifestano nella dimensione fisica. La relazione con la propria anima può assumere gradi diversi: alcuni affermano di aver raggiunto la consapevolezza che essa esiste ed è immortale; altri, pur non credendo in un Essere superiore, trascendente e creatore, ritengono che l’anima esista; infine una piccola minoranza mondiale ne nega l’esistenza.
Supponendo che l’anima esista e che si manifesti tramite la voce della coscienza, cosa succede se non le porgiamo ascolto e facciamo finta che non ci sia? La ripetuta e consapevole trasgressione alle leggi che regolano lo sviluppo della propria anima ha delle conseguenze? Si può ingannare la propria coscienza o farla tacere, ma l’esperienza ci dice che ascoltarla genera pace interiore, mentre la disobbedienza incute inquietudini, ansie e paure. Le religioni hanno lasciato delle indicazioni su tali questioni.
(1) Mahabarata.
(2) Il Thai-Shang, 3.
(3) Analetti, XV, 23.
(4) Udana – Varqua, 5:18.
(5) Dadistan-i-Dinik, 94:5.
(6) Il Talmud, Shabbat, 31 a.
(7) Vangelo, Luca 6:31.
(8) Sunnah.
(9) Tavole di Bahá’u’lláh, pag. 66.
(10) In ogni dispensazione religiosa la regola Aurea ha carattere tipicamente relazionale, non comunicativo, per favorire l’armonizzazione di aggregazioni sempre più grandi. Abramo ha portato il concetto di tribù, nuovo per quella epoca. Era fondamentale perciò indicare il principio unificante, la relazione fra tribù. Mosè è andato avanti e ha portato il concetto di popolo, il “popolo eletto”. La relazione in questo caso era con il popolo ebraico. Gesù Cristo ha portato il concetto di fratellanza universale, estendendo così la relazione anche ai “pagani”. Maometto ha portato per la prima volta il concetto di nazione, la “nazione araba” e di santificazione della suddetta nazione. Bahá’u’lláh, il fondatore della Fede Bahá’í, ha portato il concetto di unità del genere umano, estendendo la relazione a tutti i popoli e a tutte le nazioni tramite opportune relazioni internazionali.
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Articolo tratto da Pianeta uomo, i diritti dell’Anima, Marco Bresci, European Press Academic Publishing, maggio 2004.
Immagine di copertina, pubblicata su Agorà.